mercoledì 7 settembre 2011

L' intervista a: Mr Cesare Prandelli

La terza tappa emiliana non poteva che essere Parma: la città che tanto è stata sulla bocca di tutti; spiata, perseguitata da dicerìe e pronostici. E’ quella dei nomi che ormai sappiamo a memoria e alla quale si collegano tante realtà della ridente cittadina. Già…ridente, colta, signorile città, una delle più belle finestre sull’Emilia Romagna e sull’Italia; una delle immagini più rappresentative del nostro calcio. La città di Parma è storia, dentro e fuori dal recinto di Collecchio. Qui si respira un’aria viva, come quella della squadra che Cesare Prandelli definisce tale e tonica, volta ad inseguire quel successo interno che da tanto manca al Tardini.
Anche al mister gialloblu sono state sottoposte le domande di rito sul rapporto con i direttori di gara ed anche lui tiene a sottolinearne la buona condizione, non solo in questa parte della stagione. “Ho sempre sostenuto quanto sia importante lasciare agli arbitri la serenità e la tranquillità di cui hanno bisogno per valutare. Giudico ottima la loro condizione atletica ma faccio un appunto sull’aspetto tecnico, in cui denoto poca collaborazione con l’assistente e il quarto uomo. Dovrebbero essere tutti più coinvolti, in modo tale che l’occhio dell’uno sostituisca quello dell’altro qualora se ne presentasse la necessità. Una partecipazione che riduca al minimo la diversità delle competenze. Dobbiamo migliorare l’aspetto tecnico degli assistenti arbitrali”. Idee ben chiare, quelle del mister, e non è l’unico caso. Segue confermando l’esistenza di una differenza di valutazione fra l’errore dell’arbitro  e quello del calciatore e suggerisce una prova: vietare ai tesserati e ai conduttori di trasmissioni televisive di commentare l’operato arbitrale. Un divieto semestrale che permetterebbe di stemperare gli animi e restituirebbe serenità a chi viene costantemente messo sotto i riflettori del giudizio. “A questo si aggiunge quanto le influenze di calciatori e allenatori aumentino le difficoltà dell’arbitro. E’ un gioco psicologico! Bisogna  provare a non protestare. E’ la nostra cultura di fondo: evitare atteggiamenti plateali, contenersi e non alzare le braccia al cielo. L’alternativa? Un’applicazione più ferrea delle regole, soprattutto quelle inerenti il rapporto diretto e verbale tra arbitri e calciatori”.
Cesare Prandelli continua, fino a provare a stabilire in che misura l’evoluzione del calcio giocato abbia creato difficoltà alle giacchette nere. Secondo il mister è accaduto nel modo che ci rivela la realtà agonistica, fatta di ritmi alti e conseguenti valutazioni maturate su centimetri  e non su metri. La difficoltà maggiore di quest’anno è individuata nella non nuovissima regola del fuorigioco di rientro. “Ha creato problemi anche a noi quali allenatori e giocatori, non solo a chi deve applicarle-afferma-. Credo altresì che novità su novità tendano ad impoverire il gioco, rendendolo meno naurale. Intanto cambierei una sola regola: la rimessa laterale. Se questa avvenisse con i piedi, la peculiarità dell’assenza di fuorigioco creerebbe più spettacolo”.
In quanto a collaborazione, ad esempio, l’arbitro riceve il giusto supporto dagli addetti allo spettacolo domenicale? Secondo Prandelli no! Per favorire tale complicità l’arbitro dovrebbe dialogare di più con i giocatori, allo stesso modo in cui dovrebbe fare una cernita tra le proteste e gestirle diversamente.
Non è d’accordo, però, sull’ipotesi di incontri periodici di preparazione tra l’Aia e le società. “Nelle iniziative d questo tipo non si affrontano, a parere mio, temi del calcio attuale. Sono circostanze in cui si tende a portare esempi personali  per cercare di chiarire vecchie incomprensioni sollevandone nuove. Mi piacerebbe ci fossero più filmati europei sui casi di fuorigioco: sarebbero molto utili! In altre circostanze eliminerei tutto ciò che è moviola. Quando la partita finisce si da inizio ad un nuovo ciclo. I filmati sono espedienti che possono darti più o meno ragione ma falsano in misura elevata ciò che abbiamo vissuto perché privi della potenza con cui si materializzano i contatti”.
Più breve ma deciso è stato negli ultimi quesiti in cui, Cesare Prandelli, ha elogiato l’esperienza quale strumento di gestione del regolamento e ha nuovamente sottolineato il parere personale, negativo, sulla moviola.
Partendo dal raffronto arbitrale con i colleghi stranieri ha precisato il loro “concetto diverso di gestione della gara. I fischietti d’oltralpe fanno giocare di più ma sono meno bravi tecnicamente e la loro preparazione atletica è inferiore a quella degli italiani. In quanto al gioco sono i calciatori ad adattarsi alla loro linea di conduzione della partita. In generale, invece, esisterà sempre  un condizionamento psicologico di fondo da parte della categoria, relativo al contesto, alla squadra, al blasone…alla personalità! Ragion per cui bisognerebbe adottare una metodologia più mirata, che sia meno fondata sulla discrezionalità. Per quanto non ami gli strumenti di supporto ritengo fattibili dei sensori da installare in riferimento alla linea di porta…ma per altro non illudiamoci: l’arbitro ideale non può esistere! Ci sono arbitri che peccano di qualità tecnica ma compensano con il buon senso”.

Intervista pubblicata sul periodico L' Arbitro